La crescente influenza delle big tech nelle politiche internazionali statunitensi ha assunto un volto chiaro sin dall’inizio del secondo mandato di Donald Trump. Una fotografia emblematica ritraeva insieme Jeff Bezos, Mark Zuckerberg, Sundar Pichai ed Elon Musk nel giorno dell’insediamento: simboli di una relazione sempre più stretta tra potere politico e potere imprenditoriale.
Il caso Starlink e le nuove rotte geopolitiche
L’espansione di Starlink in Africa non è solo un caso commerciale. Secondo ProPublica, organizzazione americana di giornalismo investigativo, ci sarebbe molto di più dietro il recente ingresso del servizio satellitare in Gambia. Un’indagine basata su interviste e registrazioni rivela che il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti avrebbe fatto pressioni costanti sul governo gambiano, spingendolo verso l’adozione dell’infrastruttura di Elon Musk. Il coinvolgimento diretto di funzionari statunitensi in colloqui e trattative mette in luce un modello ormai evidente: il capitalismo clientelare, o “crony capitalism”, in cui interessi politici e industriali procedono a braccetto.
Dalla cibernetica a oggi: continuità nella strategia americana
La sinergia tra apparati governativi, università e aziende private è da sempre la spina dorsale dello sviluppo tecnologico americano. Basta pensare ai primi esperimenti con Arpanet, precursore di internet, o alla spinta militare nello sviluppo della cibernetica. Tuttavia oggi il quadro evolve: sotto Trump si assiste a un’accelerazione, un salto verso una dimensione di interdipendenza strutturata, in cui i colossi tech non sono più solo strumenti, ma alleati strategici della politica estera.
Musk, il Doge e le frizioni con Trump
La figura di Elon Musk, almeno fino a poco tempo fa, rappresentava un elemento ponte tra business globale, innovazione tecnologica e interessi politici americani. Le recenti tensioni con l’amministrazione Trump non cancellano il suo ruolo centrale nell’ecosistema decisionale Usa. Anzi, lo evidenziano ancora di più: Musk non è soltanto un imprenditore, ma un attore geopolitico a tutti gli effetti, capace di influenzare dinamiche internazionali, soprattutto in contesti sensibili come l’Africa subsahariana, dove connettività e controllo dell’informazione rappresentano leve di potere fondamentali.